Durante la fase più dura della pandemia abbiamo constatato un aumento vertiginoso dei bisogni primari. Molte persone, soprattutto lavoratori senza permesso di soggiorno o contratto di lavoro, non potevano più nemmeno comperarsi il cibo. Ci siamo dunque collegati con altre organizzazioni che si erano attivate per rispondere a questi bisogni.
La pandemia ha inoltre determinato un grosso problema perché gli uffici di consulenza sono stati costretti a chiudere per settimane e il contatto con i lavoratori è diventato virtuale.
Le precarie condizioni abitative dei braccianti agricoli e la mancanza di stabilità non favoriscono le misure di prevenzione dei contagi.
Noi lavoriamo con il nostro servizio legale nell’ambito di Incipit (progetto anti tratta ex art.18 D.lgs 286/98 che fa capo al Dipartimento delle Pari Opportunità, il cui ente proponente è la Regione Calabria) nella Piana di Sibari e nella Piana di Lamezia Terme con squadre di intervento che si recano ogni settimana nei luoghi di ritrovo dei braccianti. Nel nostro Centro Legale o presso servizi di altre organizzazioni con cui collaboriamo, come per esempio la CGIL, la CISL, organizzazioni cattoliche e di solidarietà con i migranti offriamo inoltre consulenze giuridiche e supporto a chi vuole denunciare lo sfruttamento lavorativo o è vittima di tratta.
Le unità di contatto, composte da operatori sociali e mediatori culturali, da un lato svolgono attività di monitoraggio sul territorio per capire come e dove avviene lo sfruttamento lavorativo. Inoltre, intervengono quando i lavoratori hanno bisogno di un accompagnamento sociale o sanitario. Cerchiamo di offrire servizi utili, importanti per costruire una base di fiducia. Abbiamo tra l’altro distribuito disinfettante, mascherine e guanti anche se le condizioni abitative disastrose non permettono di seguire i protocolli di igiene prescritti.
Tendopoli e giacigli di fortuna tra le barche, letti in affitto a prezzi di strozzinaggio
A Schiavonea, nella Sibaritide, si registra un’elevata presenza di popolazione migrante, la maggior parte della quale è impiegata nel settore agricolo e, in forma residuale, nel settore della ristorazione e del turismo. In questa area lavorano soprattutto persone provenienti dal Nord-Africa e dall’Europa dell’Est, ultimamente è aumentata la presenza di cittadini pakistani. A Schiavonea è sorta una tendopoli, che ospita a seconda della stagione fino a 70 persone. L’accampamento si trova in un appezzamento di terra stretto tra la strada principale e un vecchio rudere recintato, con le finestre murate, che negli anni addietro veniva usato come rifugio. Nascoste tra le rovine, si trovano le baracche che versano in condizioni igienico-sanitarie pessime, circondate da rifiuti e ratti. Nel mese di ottobre 2019, un incendio ha interessato una parte di questo insediamento. Ad andare a fuoco sono state condutture idriche di plastica dei campi agricoli, abbandonate come rifiuti. La tendopoli raggiunge il picco di presenza soprattutto nel periodo della raccolta degli agrumi, da novembre a febbraio. Durante il lockdown, nella tendopoli si sono concentrate una quarantina di persone, alcune delle quali rimaste senza lavoro a causa delle restrizioni imposte dal governo. Alla fine della prima fase di contenimento della pandemia alcuni sono partititi seguendo la stagionalità dei prodotti agricoli.
Nell’area di Schiavonea, nei periodi di maggiore concentrazione di migranti abbiamo incontrato braccianti che dormono all’addiaccio sulla spiaggia, tra le barche: è di circa un centinaio il numero stimato delle persone che da fine novembre fino al mese di febbraio dormivano in situazioni di estremo degrado.
In tanti in una stanza mantenere la distanza?
Nel territorio di Schiavonea si registrano altre tipologie di disagio abitativo. Sul lungomare si trovano diverse palazzine i cui proprietari affittano senza contratto posti letto, in particolare, a cittadini provenienti dall’Africa Sub-sahariana. Le condizioni sono disumane e i lavoratori vivono stipati fino a 12 persone per appartamento, pagando ciascuna 150/200 euro per posto letto.
L’Unità di Contatto ha attraversato i territori di Contrada Boscarello (Schiavonea) individuando la presenza sia di migranti provenienti dall’est Europa (presumibilmente caporali, notando dimore e mezzi di trasporto), sia di unità immobiliari in stato di abbandono o in vendita con all’interno persone originarie dell’Africa sub-sahariana. Nella stessa area è stata riscontrata anche una presenza di persone di origine nord-africana. Le condizioni igienico-sanitarie sono gravi, causate anche dalla massiccia presenza di rifiuti di ogni tipo.
Un’altra area con una grossa presenza di lavoratori stranieri è il centro storico di Corigliano Calabro, sempre nel comune di Corigliano-Rossano, a pochi chilometri da Schiavonea. Nel centro storico si trova Piazza Margherita, punto d’incontro dei braccianti a fine lavoro, frequentato sia da lavoratori che da lavoratrici ma anche da caporali e sfruttatori. Nel centro storico è stata riscontrata una presenza femminile importante di donne nigeriane che sembrerebbe siano coinvolte in giri di prostituzione. Qui la presenza predominante è quella di persone provenienti dall’Africa sub-sahariana. La maggior parte delle persone intercettate vive in affitto nel centro storico del paese, in case sovraffollate e in condizioni di degrado igienico-sanitario.
Inutile dire che, in tali condizioni, è impossibile rispettare le norme di igiene dettate dalla pandemia.
Per lavare le mani con il sapone serve anche l’acqua
In questi luoghi si percepisce la presenza di un potenziale sistema di controllo sia in tema di sfruttamento abitativo che lavorativo. La sensazione dell’unità di contatto è che vi sia un filo conduttore tra proprietario di casa-caporale-proprietario terriero, che induce a pensare che il fenomeno dello sfruttamento lavorativo sia molto diffuso e coinvolga i lavoratori nei diversi ambiti della loro vita. Altrettanto significativa e da approfondire è l’interconnessione delle suddette dinamiche con la presenza diffusa delle agenzie di intermediazione e servizi rivolti a stranieri che sono gestite prevalentemente da italiani e da qualche rumeno/a.
A Rossano, sempre nel territorio di Corigliano-Rossano l’Unità di contatto è intervenuta lungo l’asse ferroviario riuscendo ad entrare in contatto con lavoratori agricoli provenienti dall’Africa sub-sahariana che ivi hanno trovato rifugio all’interno di case diroccate, in condizioni igienico-sanitarie gravi, senza servizi di alcun genere.
L’Unità di contatto è intervenuta anche presso Mirto Crosia, frazione del Comune di Crosia: in seguito ad una segnalazione da parte di alcuni abitanti del territorio, gli operatori hanno scoperto diversi immobili interamente affittati da proprietari del luogo a migranti, in condizioni precarie e pericolose sia dal punto di vista igienico-sanitario sia per la mancanza di servizi (luce, gas, acqua). Sono stati individuati diversi edifici nell’area intorno alla stazione ferroviaria di Mirto e gli stessi migranti hanno segnalato come nelle campagne limitrofe al centro urbano vi siano diversi casolari e ruderi occupati da lavoratrici e lavoratori. La provenienza delle persone è perlopiù dall’Africa sub-sahariana, ma è certa anche la presenza di nuclei familiari provenienti dall’Europa dell’Est. Allo stallo lavorativo si è aggiunta dunque la precarietà della dimensione abitativa e la necessità del supporto alimentare, Abbiamo collaborato alla creazione di una rete di solidarietà che ha visto come protagonisti l’Ufficio Diocesano Migrantes e la Croce Rossa.
Credits per la foto: Luca Gambi
Associazione COMUNITÀ Progetto Sud (Lamezia Terme)
La Comunità Progetto Sud è partner del Progetto InC.I.P.I.T (Iniziativa calabra per l’identificazione, protezione ed inclusione sociale delle vittime di tratta) è un progetto realizzato con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità, a titolarità della Regione Calabria e come soggetto attuatore, tra gli altri, l’Associazione Comunità Progetto Sud Onlus. Si tratta di un intervento territoriale finalizzato ad assicurare assistenza e tutela alle persone vittime e potenziali vittime di particolari reati, quali la riduzione in stato di schiavitù, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, lavorativo e dell’accattonaggio.
[maggio 2021]