Sono passati 9 anni da quando ho iniziato a lavorare nell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati a Trieste, e circa 5 mesi da quando ho smesso di farlo.
La città è cambiata molto, quando ci ho messo piede la prima volta, 23 anni fa, i turisti erano una rarità. Ci sono però alcune cose che non cambiano. Ricordo un episodio in Piazza Libertà, oggi spesso nelle cronache: è la piazza di fronte alla stazione dei treni dove, da anni, si concentrano i migranti in transito e le persone che li soccorrono. Quel giorno, qualche anno fa, ci fu una grande polemica sui giornali e fra gli esponenti politici locali: una decina di persone dormiva nel sottopassaggio della stazione. Ricordo che il Sindaco in persona arrivò sul posto, seguito dalle telecamere. Non era la prima volta che mi capitava di accogliere persone di notte, ma certamente la prima durante un periodo di campagna elettorale locale. 10 persone in strada si possono considerare “un’emergenza” in una città di frontiera? Una delle cose più assurde che accompagnava il mio lavoro era, inevitabilmente ogni anno, il ritorno dell’inverno. Quindi ecco, per 9 anni, la cosiddetta “emergenza freddo” delle autorità locali: cioè trovare un posto dignitoso alle persone che altrimenti si trovano in mezzo ad una strada? Non credo. Cosa cambia in estate o in qualsiasi altro momento? Mi viene in mente la paura, più che comprensibile, di dover dare spiegazioni di fronte ad un cadavere, quando capitava. Quindi emergenza dopo emergenza, anno dopo anno.
Da oltre vent’anni la società civile fa presente a chi di dovere che Trieste non si muove, e resta sulla rotta balcanica. Ha quindi bisogno di un sistema strutturato per gestire il fenomeno. Si è però scelto di non gestirlo, urlando a squarciagola “difendiamo le frontiere”. La realtà dei fatti poi, inevitabilmente, travolge tutto. Il flusso di persone in arrivo dalla rotta balcanica è in aumento costante da diversi anni, anche al netto dell’aumento esponenziale del numero degli arrivi, a seguito del conflitto in Ucraina per il quale, fra l’altro, non è sorta nessuna polemica. Operare come se la migrazione di massa alla quale assistiamo fosse un’emergenza, si tratta di questo.
Il 13 settembre 2023, il Ministro Piantedosi rispondendo alla Camera a seguito di un’interrogazione parlamentare sulla rotta balcanica, usa esattamente queste parole: Con un trend effettivamente in crescita, che si è iniziato a registrare dal 2021, nei primi 8 mesi dell’anno in corso risultano avere fatto ingresso nella regione Friuli-Venezia Giulia circa 13.700 persone, 13.700 migranti. In tale contesto, per garantire la tenuta del sistema di accoglienza, è stato attivato un meccanismo di trasferimento sistematico dei migranti presso centri ubicati anche in altre regioni. Al fine, inoltre, di assicurare l’immediata accoglienza delle persone rimaste sul territorio, sono stati attivati ulteriori posti, anche grazie alla collaborazione del comune capoluogo. Quindi tutto bene. Il governo organizza i trasferimenti, il Comune di Trieste assicura l’immediata accoglienza delle persone. Si parla poi anche di posti per “ospiti fragili”, ed addirittura [...]una gestione efficiente ed equilibrata del sistema di accoglienza esige che il Governo mantenga una visione omnicomprensiva dei flussi migratori.
Forse il Ministro parla di buone intenzioni, progetti, o forse sogna ad occhi aperti, chi può dirlo. I fatti lo smentiscono impietosamente. Prima di tutto “il trend in crescita dal 2021” racconta l’assenza di una prospettiva realistica, è ben noto che l’aumento degli arrivi è un fenomeno molto più ampio e complesso.
Il numero totale dei migranti passati in FVG nel 2023 supera i tredicimila, quello che non torna è il meccanismo di trasferimento sistematico e “l’immediata” accoglienza. Gianfranco Schiavone, presidente di ICS Ufficio Rifugiati e fra i maggiori esperti italiani in materia di asilo, sottolinea con forza l’incapacità del sistema di far fronte alle necessità. Continuano i pattugliamenti congiunti al confine con la Slovenia, ma al momento non si registrano più le cosiddette “riammissioni informali”, ovvero i respingimenti in Slovenia; o meglio si tratta di episodi poco frequenti e limitati, “ufficialmente” a chi non fa richiesta di asilo. Continuano però ad essere fatte in modo “informale” ovvero senza rilasciare atti legali e senza possibilità di appellarsi ad un tribunale. I respingimenti a catena nei balcani sono un dato ormai assodato, dimostrato da testimonianze e sentenze. Per Schiavone c’è stata una drammatica sottovalutazione degli arrivi, che ha creato un collo di bottiglia: al 1 settembre 2023 c’erano più di 400 persone concentrate al cosiddetto “silos”, ovvero un ampio spazio abbandonato di fianco alla stazione dei treni. Questo è avvenuto perché i trasferimenti si sono letteralmente fermati per l’estate, da giugno ad agosto, anche se le segnalazioni di richiedenti asilo senza accoglienza non hanno mai smesso di arrivare a chi di dovere.
Ricordo un episodio durante un turno, in estate, in una struttura di prima accoglienza. Ero al telefono con la Polizia di Frontiera per accogliere 5 persone, tutti uomini. Invece, una volta arrivati, c’erano quattro uomini ed una donna. Inizialmente mi sono innervosito con i due poliziotti con i quali avevo parlato al telefono, gli stessi che avevano identificato le persone e prodotto la mole di burocrazia necessaria, gli stessi che le avevano portate alla struttura con i mezzi blindati. I 5 erano parte di un nucleo famigliare che viaggiava insieme, quindi non c’era bisogno di innervosirsi. I due agenti però avevano molta fretta e chiesi perché; avevo anche chiesto esplicitamente di non arrivare proprio in quell’orario perché ci avrebbero messi in difficoltà. Inizialmente nessuna risposta. Poi restai di sasso quando uno dei due, mentre l’altro lo guardava abbastanza male, mi disse che erano solo loro due ad essere operativi in quel momento. Come dire “ho la frontiera scoperta e non ho tempo da perdere!”... roba da non credere, ma tant’è.
Resta il fatto che ad oggi non c’è un sistema efficiente di trasferimenti, il che di fatto rende illegale la condotta dello Stato che non rispetta le sue stesse leggi. Infatti il 20 settembre 2023 un blitz della Polizia Locale racconta che la maggior parte delle persone costrette nel silos è in regola, ovvero sono richiedenti asilo. Quindi “immediata accoglienza” in un’area abbandonata da anni? Un tempo ho partecipato anch’io alle iniziative di pulizia, come avviene anche oggi insieme ad alcuni richiedenti asilo. Un bel gesto sicuramente, ma certamente non può risolvere il problema: la polizia locale di Trieste afferma di aver controllato oltre 200 persone il 20/09/2023, e bisogna segnalare che con il mese di settembre qualcosa è tornato a muoversi rispetto ai trasferimenti. Ma il problema strutturale resta, ed ovviamente si aggrava: è questo il frutto della scelta di non gestire il fenomeno ma di incendiarlo quando conviene alla propaganda. E’ abbastanza spaventoso il fatto che questo tipo di azione abbia successo, che porti voti a chi urla più forte, chi è più abile nel trovare sempre un nuovo nemico, qualcuno da incolpare. Credo che non valga la pena commentare certe oscenità: il vice-presidente del Consiglio dei Ministri, in comizio a Pontida, che aizza paura ed odio in allegra compagnia della fascista francese Marie Le Pen. D’altra parte in quei giorni, a Lampedusa, Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen hanno dedicato 10 minuti di orologio fra molo e sopravvissuti, 10 minuti in tutto. Per omaggiare e chiedere perdono alle bare di Cutro è dovuto andare in Calabria il Presidente della Repubblica, il governo italiano si è limitato a spazientirsi a favore di telecamere e fare una figuraccia in una conferenza stampa che resterà negli annali. La risposta alla strage di Cutro ed i provvedimenti successivi hanno una sola direzione: trovare il cattivo ed aumentare le pene o i reati previsti. Tutto qua, tristemente tutto qua. Oltre al cosiddetto “decreto Cutro”, il 20 settembre il governo ha emanato un decreto con il quale affida al Ministero della Difesa la costruzione e la gestione di nuovi centri, prevedendo nei quali anche l’accoglienza di richiedenti asilo. Si esplicita anche la volontà di costruire questi centri in zone a bassa densità abitativa, specificando che questi centri devono essere perimetrabili e controllabili. Nessun riferimento alle violenze subite durante la rotta balcanica o i lager libici, o ai diritti soggettivi di queste persone: sono troppi, sono illegali, vanno messi dove li possiamo controllare, punto. Come chiamereste dei grandi centri dove, per l’appunto, si concentrano delle persone contro la loro volontà? Ebbene sì, proprio quello. Ma il governo italiano si è spinto oltre, molto oltre: chiedere denaro ad un richiedente asilo per non essere rinchiuso in questi centri, esattamente 4.938 euro per chi proviene da “Paesi sicuri” o ha tentato di “eludere i controlli”. Se non fosse una violenza indegna, farebbe quasi ridere: viene chiesta letteralmente una fideiussione bancaria. Si chiama “idonea garanzia finanziaria” e mi dà il voltastomaco, se possibile più di Matteo Salvini e Marie Le Pen sul palco di Pontida. In effetti il globo terracqueo è pieno di gente che estorce denaro promettendo libertà, un passaggio, protezione, un sacco di altre cose. Anche il governo ungherese lo aveva fatto e la Corte di Giustizia dell’UE ha già chiarito, come se ce ne fosse bisogno. C’è anche la questione, non da poco, dei minori non accompagnati. In particolare mi ha colpito la terribile esperienza denunciata dal Sindaco di Muggia, Paolo Polidori, il quale ha addirittura passato una notte in macchina tutto da solo. Perchè? Per sorvegliare due minori afgani rintracciati dalla Polizia di Frontiera. Non è la prima volta che il sig. Polidori finisce sulle cronache nazionali, questa volta è stato per aver inscenato questa protesta (dormire in auto) contro il “suo” Ministro. La delusione del Sindaco è forte, a suo dire, visto che Piantedosi aveva promesso di mettere mano a questa situazione incresciosa. In effetti è vero, la legge è chiara: i minori non accompagnati vanno tutelati in modo particolare e devono essere immediatamente accolti presso strutture idonee. La responsabilità è in capo al Comune nel quale si trova il minore: anche di notte, l’ultimo dell’anno, o se c’è la bora a 140 km. Questo proprio non va al sig. Polidori, il quale ha evidentemente un concetto del tutto personale del ruolo istituzionale che ricopre. Quando ricopriva un altro incarico, quello di vice-sindaco a Trieste, era finito sulle cronache nazionali per un altro gesto eclatante. Mentre si riprendeva con il telefono aggredì dei migranti che avevano trovato riparo nei pressi di una chiesa, togliendo loro le coperte per buttarle in un cassonetto vicino, sempre riprendendosi col telefono, per poi andarsene. Non credo sia necessario commentare una cosa del genere, resta da chiedersi cosa sia successo a Muggia il giorno delle elezioni... e tenersi ancora il voltastomaco. Il governo afferma che i ragazzini dovranno dimostrare di essere minori, ma almeno a loro non cerca (almeno per ora) di estorcere denaro. Ricordo un ragazzino trovato anni fa in Piazza Libertà a Trieste, diceva di avere 15 anni e di non mangiare da diversi giorni. Alla parola “polizia” ha cambiato espressione, è sbiancato. Ho spiegato la situazione e che non doveva avere paura, usavo un po’ di inglese ma per lo più comunicavamo a gesti. Mi ha fatto capire molto chiaramente di essere stato picchiato e derubato più volte lungo la rotta, da criminali di ogni tipo inclusi poliziotti e militari in divisa.
Ho partecipato attivamente all’azione di contrasto dei cosiddetti “decreti sicurezza” prima della fase covid, continuando ad inviare le richieste di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo e pretendendo risposte scritte e firmate dai funzionari del Comune di Trieste; il quale aveva subito deciso di non riconoscere la residenza a centinaia di persone che si trovavano già sul territorio, in base appunto ai decreti varati da Salvini e Piantedosi. Questo comportava il mancato accesso a servizi sanitari, sociali, rendeva impossibile stipulare contratti di lavoro o di affitto, patenti di guida e molto altro. Naturalmente i diversi servizi territoriali hanno preteso da ICS Ufficio Rifugiati pagamenti anche per prestazioni sanitarie, addirittura ho ricevuto richieste di pagamenti per un parto (gravidanza a rischio) e relative visite. Al solito lo stato centrale si è ben guardato da dare indicazioni operative a livello locale, visto che le nuove regole erano in contrasto con molte altre e la confusione era totale, molto prima del covid. Per quanto riguarda le residenze, dopo anni il Tribunale ci ha dato ragione ma i danni erano già stati fatti ed abbiamo dovuto farci i conti.
Nessuno invece si è permesso di dire una parola sui numeri dei rifugiati ucraini, i quali fra l’altro hanno ricevuto da subito la protezione e relativi documenti. Tutti gli altri richiedenti asilo, inclusi gli ucraini arrivati in Italia prima dell’attacco su Kiev o cittadini di altre nazionalità che si trovavano in Ucraina, ci mettono circa un anno solo per la prima commissione. I casi “Dublino” ed i ricorsi hanno tempi semplicemente assurdi, parliamo di anni, anche in questo caso “ridicoli” se non fosse una situazione indegna. I lager in Grecia o in Italia sono indice della gravità della situazione, per non parlare dell’arrivo, a luglio 2023, di una vera e propria prigione galleggiante per migranti a largo dell’Inghilterra. Negare diritti, non gestire i flussi migratori, non avere spazi adeguati per gestire numeri importanti ed ampiamente prevedibili. Si creano in questo modo le premesse per creare disagio, una finta emergenza da mettere sotto i riflettori ed accendere come una miccia. Comunque bisogna ammetterlo: se questo era il piano, sta funzionando alla perfezione.
Intanto è di fine settembre l’ultima castronata internazionale, ovvero la Presidenza del Consiglio che scrive una lettera per chiedere spiegazioni al governo tedesco: colpevole di salvare vite umane finanziando le navi ONG che operano nel mediterraneo. Se ne sono accorti a fine settembre 2023? Non credo proprio. Non è mai troppo tardi per sollevare vespai e magari anche mettere in crisi i rapporti con la Germania, la Francia, l’UE o chiunque altro vogliamo incolpare questa volta. In ogni caso la risposta alla domanda fatta ai tedeschi è semplice da capire, Meloni poteva arrivarci senza fare tutto questo baccano. Si tratta solo di decenza, di chiedersi cosa vogliamo essere. Presidente, basta immaginare qualcuno che improvvisamente urla: “uomo in mare“. Occorre aggiungere altro? Evidentemente per il governo tedesco no, tutto qua.
Claudio Maurici
[novembre 2023]
Per la foto: credits Francesco Cibati
Francesco Cibati, nato a Parma nel 1991, si occupa di design, comunicazione, fotografia e produzione audiovisiva. Assieme ad altre persone solidali fonda nel 2019 l'associazione Linea d'Ombra, attiva nel sostegno delle persone in movimento a Trieste e lungo la rotta balcanica. Nel 2021 fonda assieme a due amici la casa di produzione audiovisiva Raw Sight, con la quale si dedica alla realizzazione di documentari di taglio sociale.