Nel periodo 18 agosto-29 agosto, le forze armate italiane hanno evacuato circa 5.000 cittadini afghani i quali arrivati in Italia hanno chiesto protezione internazionale e sono stati sottoposti a quarantena sanitaria.
La fase di primo arrivo è stata condotta con una operazione a più livelli istituzionali: il Ministero della Difesa ha proceduto all’invio delle persone, la Protezione Civile regionale ha supportato nella individuazione delle strutture per la quarantena, l’Assessorato regionale alla Salute e le singole Ausl hanno provveduto alla attivazione della gestione sanitaria delle strutture individuate, e l’Assessorato regionale alle Politiche Sociali, di concerto con i Servizi sociali dei Comuni interessati, hanno attivato mediatori interculturali e garantito una presenza di assistenti sociali per rispondere a eventuali problematiche di convivenza e/o a situazioni di fragilità (vedi presenza numerosi minori).
Finita la fase di quarantena sul territorio regionale, sono rimaste alcune centinaia di persone ripartite equamente in ciascun ambito provinciale.
In questa seconda fase post-quarantena, il ruolo e la funzione della Regione Emilia-Romagna è stato quello di supporto e collaborazione inter-istituzionale, con i Ministeri interessati, con le Prefetture e con il sistema degli Enti Locali.
Ricordo infatti che le persone afghane, in quanto richiedenti protezione internazionale, secondo il DLGS 142/2015, possono essere collocate dal Servizio Centrale del Ministero dell’Interno presso il sistema di accoglienza ed integrazione denominato SAI (composto da progetti dei Comuni); oppure in carenza di posti nel SAI sono le singole Prefetture i soggetti preposti ad individuare appositi Centri di accoglienza straordinaria (CAS).
Le Regioni, attraverso la Commissione Nazionale Immigrazione, si sono subito espresse sulla necessità di privilegiare - in linea con le proposte dell’ANCI - l’utilizzo della rete di accoglienza SAI (di ottima qualità), in luogo dei CAS, prevedendone se necessario un congruo ampliamento.
Purtroppo al momento la situazione vede le persone afghane accolte nei CAS (a livello nazionale circa 4.400 su 5.000) ma confidiamo che in tempi brevi vi sia un provvedimento nazionale di ampliamento dei posti SAI che abbia la capacità di valorizzare quelle importanti disponibilità ad accogliere da parte di molti Comuni nelle settimane scorse.
Da testimone privilegiato, mi sono fatto una convinzione, ovvero che questa regione abbia saputo rispondere ad una nuova “emergenza” attivando una modalità consolidata di risorse e competenze. Qui abbiamo progetti SAI di lunga data in ogni Comune Capoluogo, con operatori formati alla prima accoglienza di richiedenti asilo, abbiamo oltre 400 mediatori interculturali nei servizi di welfare, abbiamo in ogni Ausl un servizio di mediazione, abbiamo un sistema consolidato di equa distribuzione nel territorio di ogni provincia, abbiamo una ottima collaborazione tra protezione civile, sanitaria e sociale che nasce già dalla “emergenza del Nord Africa” del 2011.
Certo, non voglio negare o sminuire le difficoltà contingenti di rispondere ai bisogni di questi nuclei familiari molto spesso ampi e con molti minori, ma ogni tanto vale la pena anche sottolineare quegli elementi di fondo che hanno permesso comunque di assicurare una accoglienza dignitosa e che forse troppo spesso diamo per scontato.
Andrea Facchini
[Ottobre 2021]
Andrea Facchini è Dirigente del Servizio Politiche per l'integrazione sociale, il contrasto alla povertà e terzo settore della Regione Emilia-Romagna.
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