L'analisi di Masotti (progetto Tracce Migranti, nuovi paesaggi umani) del dossier Immigrazione 2019.
Verrà presentato ufficialmente il prossimo 5 febbraio il rapporto socio statistico che ogni anno analizza il panorama migratorio europeo, italiano e regionale in Emilia-Romagna - redatto dal centro studi e ricerche Idos e rivista Confronti - secondo cui, a fine 2018, Ravenna è stata l’unica a registrare un calo, seppure lieve, di stranieri, a differenza di tutte le altre province il cui dato è aumentato. A ragionare su numeri e percezioni è Maurizio Masotti, formatore linguistico di italiano per stranieri, che offre una lettura del volume che da più di vent’anni fotografa la realtà di ogni singola provincia. «E’ buffo notare come, per mesi, il dibattito politico abbia messo al centro la necessità di affrontare la gestione dei flussi migratori presentandoli come se si dovesse lavorare per fronteggiare un’invasione, mentre i dati dicono altro. Numeri alla mano, nel 2008 i residenti stranieri in regione erano pari all’8,8%, valore che è cresciuto fino al 12,0% del 2013 e che è rimasto stabile fino al 2017. Al 31 dicembre 2018 i residenti erano pari al 12,3% della popolazione complessiva, ovvero 547.537, circa 11.563 unità in più rispetto allo scorso anno. Se guardiamo ogni singola provincia, Ravenna è l’unica ad aver registrato un calo (-1,1%) con 46.910 unità».
ROMENI IN TESTA
Le province con la maggiore presenza di residenti stranieri si confermano Bologna (121.461), Modena (93.387), Reggio Emilia (65.664) e Parma (64.044). Analizzando i continenti di origine, il 49,5% dei residenti stranieri viene dall’Europa, il 26,7% dall’Africa, il 20% dall’Asia e il 3,8% dalle Americhe. Le nazionalità più rappresentative sono Romania, Marocco, Albania e Ucraina e la comunità romena è la prima per numero di residenti in provincia di Ravenna, Piacenza, Parma, Forlì-Cesena, Ferrara e Bologna. Poco più della metà dei residenti stranieri sono donne (52,9%), con percentuali più elevate nelle province di Rimini (55,9%), Ferrara (55,1%) e Bologna (54,4%).
LE PECULIARITÀ LOCALI
Per molti stranieri il percorso di radicamento sul territorio, dopo l’ottenimento del permesso di lungo periodo, vede la tappa successiva nella richiesta di cittadinanza italiana: negli ultimi dieci anni le persone che hanno conseguito la cittadinanza sono state 140.804, mentre a fine 2018, sul territorio provinciale, erano 1321. Ma è analizzando il numero di studenti stranieri che si incontrano le caratteristiche del territorio. «La nostra regione e la nostra provincia sono quelle con la percentuale maggiore di ragazzi e ragazze provenienti dall’estero in età scolare di ogni ordine e grado, e questo è un primato importante che fa ben sperare - osserva Masotti -. L’altro dato significativo per la provincia è che anche qui gli stranieri sono impiegati soprattutto nel settore agricolo, ambito che abbiamo studiato in collaborazione con Flai Cgil per sondare il tema del caporalato: il fenomeno è presente anche qui, seppur in maniera minore rispetto alle vicine province di Forlì-Cesena».
SOLDI IN PATRIA
Sul versante delle rimesse, dopo anni di stazionarietà, i dati della Banca d’Italia hanno rivelato che sono aumentati i soldi che gli stranieri spediscono nei loro paesi d’origine: il paese che beneficia maggiormente di questo flusso è il Pakistan, con oltre 78 milioni di euro, seguito da Romania con 54.089 milioni e Bangladesh con oltre 50 milioni. Un’opportunità importante per gli stranieri, come ricorda Masotti: «Come mi disse una volta un amico senegalese, se prendo 1200 euro e ne mando la metà al mio paese, con quei soldi ci vivono in 12 per parecchi mesi».
«ROMAGNOLI INCATTIVITI»
«Se guardiamo lo storico relativo alla presenza degli stranieri, la Regione presenta un aspetto di stabilità sociale, ovvero denota una capacità di inserimento nel tessuto sociale ed economico che è tipico anche di questa provincia» osserva Masotti, che è anche curatore del progetto «Tracce Migranti - Nuovi paesaggi umani» che affronta il tema delle migrazioni da più punti di vista. «Ho lavorato a Londra dal 2013 al 2016 con i rifugiati provenienti da Oriente e Africa, li portavamo in giro per la città chiedendogli di scattare foto e poi organizzammo una mostra fotografica. Nel 2016, dopo un anno a Roma, sono tornato con mia moglie e l'impressione è stata molteplice: da un lato vedo una struttura pubblica disponibile ad occuparsi del fenomeno dell'immigrazione, che alcuni chiamano problema, altri questione, dall'altro vedo brutti tempi politici. C'è un generale incattivirsi dei romagnoli, una maggiore povertà, anche se relativa, che va di pari passo ad una minore disponibilità al confronto e, soprattutto, una paura indistinta del futuro la cui colpa viene addossata a chi è diverso».
Federica Ferruzzi
Articolo uscito sul settimanale Setteserequi il 31 gennaio 2020 - n. 4